Caro bollette. Confcommercio: “Fate presto”

Intervista di Gazzetta del Sud al Presidente di Confcommercio Lorenzo Labate e ai rappresentanti delle Categorie in seno a Confcommercio Vincenzo Pennestrì –  Fipe, Antonino Laurendi – Assipan, Antonino Pedà – Figisc

A una settimana dall’esito delle consultazioni elettorali, come prevedibile, in attesa della formazione del nuovo Esecutivo, tutto è più fermo di prima ma i problemi per le imprese e le famiglie aumentano: emergenza energetica, caro materie prime, inflazione non danno tregua e tante sono le aziende che intendono già nei prossimi giorni sospendere le attività o rischiano di chiudere i battenti, con le inevitabili ripercussioni sull’occupazione.

Il Presidente di Confcommercio Lorenzo Labate ed i rappresentanti delle categorie produttive Confcommercio più colpite dalla crisi Fipe, Assipan, Figisc sono unanimi: “ci si affretti a dare una guida al nostro Paese e niente più alibi: trovare immediatamente una soluzione all’emergenza energia e sgravi fiscali per i dipendenti”.

Tutte le categorie economiche in seno a Confcommercio ma anche fuori dal perimetro della Confederazione dei commercianti, hanno le proprie priorità e richieste per i rappresentanti della nuova coalizione, ma l’appello corale è quello di “agire in fretta per la formazione del nuovo Governo e mettere in sicurezza le famiglie ed il tessuto imprenditoriale nazionale mai così a rischio”.

Di ritorno dalla Conferenza di Sistema Confcommercio nazionale, è il Presidente Lorenzo Labate a parlare ed osservare che “l’esito della consultazione nazionale è stato chiaro e inequivocabile. L’Italia si trova oggi sotto mutati simboli politici rispetto al recente passato ma per le imprese non oggi non sono importanti i “colori”. Non è possibile attendere oltre e c’è urgente bisogno di risposte immediate all’emergenza energia oltre a politiche a sostegno del lavoro e riduzione dell’Irpef. C’è questo e tanto altro – continua Labate – nel documento tecnico che come Confcommercio avevamo già sottoposto ai leader dei partiti prima delle elezioni, chiedendo interventi di semplificazione fiscale e riforma del reddito di cittadinanza, consolidamento degli incentivi all’imprenditoria giovanile, rafforzamento delle infrastrutture di importazione del gas e della produzione nazionale e un tetto al prezzo dell’import di gas. E, guardando alla dimensione più specificamente provinciale, le richieste erano indirizzate al rafforzamento delle politiche di contrasto della criminalità e presidio del territorio, al contrasto all’abusivismo commerciale, alla valorizzazione del terziario.

Occorre adesso che ciascuno faccia la propria parte con responsabilità. Dal canto nostro abbiamo fatto toccare con mano alla politica il dramma vissuto dalle aziende con strumenti sempre pacifici e democratici. Abbiamo offerto soluzioni tecniche. Ma questa inerzia o peggio questa impotenza della classe politica oggi è incomprensibile e inaccettabile. Addirittura – prosegue Labate –  sul livello provinciale, oltre alle fondamentali azioni di pressione sulla politica svolte sui territori da Confcommercio  come “Bollette in vetrina” e “Estate fuori”, assieme alle altre sigle datoriali più rappresentative dell’industria, artigianato, agricoltura e con il pieno supporto e condivisione dell’Assessorato alle Attività produttive del Comune di Reggio Calabria e della  Camera di Commercio nei giorni scorsi abbiamo incontrato il Prefetto di Reggio Calabria Massimo Mariani  consegnando nelle sue mani, quale massimo rappresentante del Governo nella nostra Provincia, un documento unitario recante le istanze del mondo produttivo all’Esecutivo e alla Politica per realizzare interventi urgenti salva-imprese. Un gesto che ha inteso significare la compattezza delle Organizzazioni reggine rispetto a questioni di vitale importanza per le imprese portando alla formalizzazione di una richiesta unitaria e forte nei confronti del Governo, priva di colori e volta solo alla tutela delle imprese”.

“In ballo c’è il futuro delle nostre attività e delle nostre famiglie e, sia chiaro – continua Labate – tutte le categorie in seno a Confcommercio provinciale, in primis panificatori e ristoratori, sono pronte a scendere in piazza perché la situazione è veramente insostenibile. In questo momento avremmo un seguito amplissimo ma occorre senso di responsabilità e, soprattutto in questa fase, non è il seguito che occorre ricercare o assecondare la “pancia”. La protesta deve avere significato perché chiudere le attività ha un costo per noi imprenditori e, se si arriva a questo, si deve avere l’obiettivo chiaro e la certezza che l’azione sia realmente funzionale al raggiungimento dello stesso. Necessario è coordinarci a livello centrale: è la politica romana che decide e se in piazza scende solo Reggio Calabria non si avrà nessun risultato ulteriore rispetto agli strumenti di pressione che abbiamo già messo in campo arrivando a chiedere l’intervento del Governo tramite il Prefetto.

La protesta “romana” di cui abbiamo discusso a livello Conferenza di Sistema Confcommercio nazionale avrebbe più senso. È a Roma che la politica decide, è lì che ha sede Eni che ha macinato miliardi di utili nell’ultimo anno in netta controtendenza rispetto al dramma vissuto dalle imprese, ed è lì che deve giungere contemporaneamente ed unitariamente la voce di tutte le imprese italiane. La protesta sarebbe più che giusta ma ciò che frena in questa fase è che gli animi sono troppo surriscaldati e affidarsi alla piazza quando c’è reale sofferenza e quando si combatte per sopravvivere è oggettivamente pericoloso”.

Fipe Confcommercio – Anche per il Presidente Fipe Confcommercio provinciale Vincenzo Pennestrì “sotto il profilo economico la situazione è peggiore di quella vissuta durante l’emergenza pandemica. Ci sono decine di imprese del comparto pubblici esercizi pronte a sospendere le attività o, peggio, rischiano la chiusura definitiva perché è impossibile lavorare solamente per pagare bollette che non hanno alcuna ragione di essere così alte se non per arricchire gli speculatori. Guardando alla mia azienda non sono in condizione di pagare bollette da oltre 30 mila euro, triplicate rispetto a due mesi fa. Il lavoro nel periodo estivo c’è stato e, per rispetto dei dipendenti e dei clienti, abbiamo operato riuscendo faticosamente a rimanere in equilibrio, in attesa di soluzioni al problema caro energia. Con la fine della bella stagione e la riduzione dei flussi, mancheranno materialmente a me e ai tantissimi colleghi di bar, ristoranti, pasticceria, le risorse per andare avanti. Non sarà l’aumento del costo della tazzina di caffè di 10 cent o del coperto di 1 euro a cambiare la situazione che è davvero sfuggita di mano. Qualcuno è risuscito a salvarsi fino ad ora grazie a contratti a tariffa fissa che purtroppo andranno presto in scadenza con conseguenze facilmente immaginabili. Tutte le misure adottate fino ad oggi sono ridicole e lontanissime dal supportare chi fa impresa. L’ultimo decreto Aiuti ter, adottato da un Governo a fine corsa è poca cosa. Così come la semplice rateizzazione che non fa altro che posticipare e aggravare il problema o la proroga fino al 31 dicembre delle semplificazioni nella procedura di installazione dei dehors con la previsione però del pagamento pieno del canone occupazione suolo. Questo non è un aiuto e, adottato in un periodo – ottobre/dicembre – scarico per i pubblici esercizi, non conviene all’imprenditore perché si tratta di pagare un altro affitto per uno spazio che rimarrà poco frequentato. Molti smonteranno. I problemi seri rimangono e si vedranno ancor più entro fine anno. Quello che è più triste – conclude Pennestrì – è che solo qualche giorno fa eravamo al Salone del Gusto di Torino assieme ai validissimi colleghi Giuseppe Ferranti, Filippo Cogliandro. Fortunato Aricò. Davide De Stefano, Angelo Musolino come ambasciatori del nostro territorio a fare vedere al mondo la qualità e l’eccellenza della cucina e della pasticceria reggina. Massimo apprezzamento per la nostra Città ma, tornando alla vita di tutti i giorni, per colpa di una politica miope e incapace, vediamo a rischio le nostre stesse attività, le attività di tanti colleghi, il lavoro ed i sacrifici tutta una vita”.

Assipan Confcommercio – Per i Panificatori la situazione, se possibile, è ancora più drammatica poiché, come dice il Presidente provinciale di Assipan Confcommercio Antonino Laurendi “le nostre realtà sono piccole e piccolissime e non hanno neppure lontanamente margini tali da consentire di reggere ulteriormente una crisi di queste proporzioni i cui costi sono interamente sulle nostre spalle. Ci confrontiamo quotidianamente con i colleghi in Associazione, nelle chat ed al telefono e posso dire che entro fine anno oltre il 20% dei panifici reggini non riuscirà a reggere. Tenere aperto è antieconomico. Non sarà una chiusura temporanea: per capirlo basta pensare che molti forni sono a conduzione familiare e molti sono i colleghi non più giovani. Mancando il ricambio generazionale, col rincaro dell’energia, in assenza di prospettive, si chiude inevitabilmente. La possibilità di cedere l’attività è un miraggio, perché oggi non si riesce vendere”.

L’analisi che fa il Presidente Laurendi è che “il caro energia ha stravolto abitudini e difficilmente si riuscirà a tornare indietro. Il pane è l’alimento base della popolazione eppure la clientela dei panifici è in continua diminuzione. Soprattutto – continua Laurendi – ciò che rende ancora più difficile il lavoro, al di là dei costi esorbitanti legati anche all’aumento delle materie prime, è che oggi è impossibile programmare. Una volta sapevi che al lunedì mattina non lavoravi tanto, ma al pomeriggio si. Al martedì era così così, il mercoledì invece si vendeva bene e così via. Adesso non si riesce più a programmare e capitano giorni in cui non c’è nessuno e il pane va sprecato e altri giorni in cui si resta senza pane perché l’afflusso è più alto ma imprevisto. In queste condizioni, senza aiuti, rimarrà solo il prodotto industriale, molti panifici chiuderanno e quelli che sopravviveranno diventeranno luoghi di nicchia per la vendita di pani ricercati con un ritorno a grani antichi o particolari più costosi del pane comune”.

FIGISC Confcommercio – Altro comparto che sconta in maniera pesante le conseguenze della crisi energetica è quello della distribuzione carburanti, rappresentato in provincia di Reggio Calabria dal Presidente Figisc Antonino Pedà. Da mesi la categoria ha rivolto una richiesta ai titolari degli impianti (Eni, Tamoil, IP, Eg Italia, etc) di intervento a sostegno delle gestioni evidenziando la situazione di particolare sofferenza economica derivante dell’aumento esponenziale del prezzo dell’energia elettrica necessaria per condurre gli impianti.

“L’aumento di 4 – 5 volte il prezzo del kWh pagato ante crisi, a margini bassi ed invariati – spiega il Presidente Pedà – rischia di provocare una miscela dirompente per una Categoria che si trova ad affrontare un tornante difficilissimo della propria storia. 

Un trend di vendite in continua contrazione come effetto della crisi (proprio per le difficoltà dei cittadini italiani vittime dell’inflazione e dell’aumento folle delle tariffe di gas ed elettricità) e l’aumento dei costi di gestione ben oltre le soglie dell’inflazione, spingono sempre più i Gestori a riflettere sulla possibilità di continuare normalmente – in queste condizioni – la propria attività. Attività che per dimensione e scarsa capitalizzazione non sono assolutamente in grado di sostenere conti economici a fronte dell’esplosione di costi essenziali ed incomprimibili. 

Di fronte a questa situazione di particolare gravità e ad una crisi che, ad oggi, nessuno è in grado di prevedere (speculazione a parte) quando e come potrà essere superata, è indispensabile da un lato un intervento del Governo e del Parlamento che proroghi il taglio delle accise sui carburanti oltre il 17 ottobre (data attualmente fissata dal Governo) dall’altro un sostegno ai gestori da parte dei titolari degli impianti con  l’obiettivo di passare con il minore danno la crisi contingente senza “distruggere” quanto di buono si costruisce giorno per giorno con e per  gli automobilisti ed i cittadini. In questo senso assai positivo l’accoglimento delle richieste di Figisc da parte del Gruppo IP che si è impegnato a sostenere i Gestori nell’affrontare l’aumento dei costi energetici delle aree di servizio di sua proprietà”.

“Il problema – conclude Pedà – è muoversi rapidamente ed all’unisono, così come è stato fatto per fronteggiare la crisi pandemica (peraltro ancora non conclusa) e sulla scia dell’esempio dato dal Gruppo IP: ciò appare oggi indispensabile ed indilazionabile per evitare il default di migliaia di imprese del settore”.

FIDA Confcommercio – Una bomba sociale rischia di esplodere a causa della crisi nel settore della vendita al dettaglio alimentare con bollette quadruplicate rispetto alla media precedente. Un salasso. “Siamo molto preoccupati – dichiara il direttore di Confcommercio Fabio Giubilo. Il problema esiste ovviamente per le imprese direttamente interessate ma è molto più ampio riguardando anche l’indotto e, soprattutto, il personale impiegato. Considerando il numero di addetti per punto vendita è chiara la rilevanza sociale di una crisi in questo settore. In assenza di sostanziali interventi di supporto, alcuni supermercati nostri associati – continua il direttore – hanno già programmato la fine della propria attività. Purtroppo non ci sono molte possibilità. I frigoriferi devono continuare a funzionare, così le celle. Certo qualcuno ha ridotto l’uso del condizionatore, ma la situazione è davvero fuori controllo”

STIME DA BRIVIDO PER LA CALABRIA

Il rialzo delle quotazioni dei prodotti energetici spinge la Calabria in una zona ad alto rischio.

25/30 mila micro e piccole imprese rischiano il default con oltre 60mila posti di lavoro a rischio.

Incremento prezzo del gas vicino al 700%

Incremento prezzo dell’energia elettrica del 200 %

Inflazione relativa a beni e servizi che compongono il cd carrello della spesa superiore all’11%. Valore che potrebbe crescere già questo mese in considerazione degli aumenti attesi per il prezzo dell’energia e del gas (Arera ha appena aggiornato al rialzo le tariffe della corrente elettrica) e per il parziale trasferimento dell’incremento dei costi subiti dalle imprese sui prezzi dei beni e dei servizi destinati al consumo finale.

Riduzione per il secondo mese consecutivo del numero di persone occupate, fenomeno che non si registrava da gennaio 2021.

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