di Francesco Chindemi per Avvenire di Calabria 15 Settembre 2025
Ogni settembre la Regione in punta di Stivale vede tanti giovani partire per studio o lavoro, ma c’è anche chi sceglie di restare o di tornare. Paolo Destefano imprenditore reggino e presidente dei Giovani Imprenditori di Confcommercio riflette sulle difficoltà del territorio, sulle opportunità da cogliere e sul ruolo centrale della formazione
Settembre è il mese in cui tanti, non solo giovani, lasciano la Calabria per studio o lavoro. Come interpreta lei questa “partenza” che ogni anno si ripete?
È un fenomeno che riguarda tutto il Sud Italia. L’ho vissuto anch’io: alla fine del liceo, oltre metà dei miei compagni ha scelto università del Nord, convinto che offrano più opportunità. A parità di studi, molti pensano che un titolo ottenuto a Milano o Bologna conti di più rispetto a uno calabrese. Poi, una volta inseriti in contesti con migliori servizi, mettono radici. Si crea una nuova comunità di meridionali al Nord, come successo con i nostri nonni emigrati in America o in Argentina.
Al tempo stesso, c’è chi sceglie di restare o di tornare. Quali sono le condizioni minime che il territorio dovrebbe garantire a questi giovani?
Negli ultimi anni, anche grazie alla pandemia e allo smart working, c’è stato un piccolo ritorno, legato al desiderio di una vita più “lenta” e a misura d’uomo. Ma servono basi solide: lavoro, incentivi, investimenti, e soprattutto formazione. Programmi come “Resto al Sud” hanno favorito la nascita di imprese, ma spesso chi avvia un’attività non è pronto. Ci vuole un vero tutoraggio. E poi meno burocrazia, meno tasse sul lavoro, più accesso al credito.
Si parla molto di fuga di cervelli, poco di ritorni. Cosa servirebbe per attrarre chi è andato via?
Esperienze all’estero sono utili: chi esce vede cosa funziona fuori e può riportarlo qui. Ma perché qualcuno torni, serve condizioni sanitarie, culturali e sociali adeguate. Serve una rete che accompagna chi vuole fare impresa: noi come Confcommercio Giovani ci stiamo muovendo in questa direzione. Anche l’università può giocare un ruolo: se diventa attrattiva, può trattenere e riportare studenti. Qualcosa si muove, anche grazie a nuove realtà giovanili e gruppi come la Consulta dei Giovani.
Dal suo osservatorio del presidente dei Giovani Imprenditori, quali sono oggi le urgenze per chi avvia un’attività in Calabria?
La prima urgenza è la formazione. Tanti giovani imprese aprono ma senza basi, e questa porta alla chiusura precoce. Poi il costo del lavoro: troppo alto. E un sistema tributario complica che soffoca le energie. C’è anche bisogno di più confronto: l’associazionismo aiuta a condividere problemi, trovare soluzioni, generare idee nuove.
Qual è il messaggio che si sente di lanciare ai ragazzi che a settembre affrontano un nuovo inizio?
Non lasciatevi scoraggiare. La Calabria ha bisogno di persone positive, propositive, che abbiano visto cosa funziona fuori e vogliano riportarlo qui. Le idee innovative possono nascere anche da un territorio difficile, se ci metti passione e competenze. Il mio consiglio è: formatevi, confrontatevi, unitevi. Solo così possiamo cambiare le cose, davvero.